Gli esperti: ma il credito facile non fa bene alle imprese
«Ora c’è da capire la velocità di trasmissione delle misure all’economia, i reali effetti sulle imprese, sul mercato del lavoro, sull’inflazione». Andrea Eusebio, che si occupa del mercato degli eurobond per Banca Akros, sintetizza così le molte incognite che restano aperte dopo l’annuncio di Mario Draghi. Di certo c’è che a beneficiare maggiormente delle misure di «Tltro» saranno le banche dei paesi periferici. Secondo Mediobanca Securities, fino a 200 miliardi di euro dei 400 annunciati nel piano arriveranno alle banche italiane e spagnole. L’intenzione della Bce è di vincolare questi prestiti al rilancio del credito a famiglie e imprese. Per vederne gli effetti sull’economia reale, sempre secondo Mediobanca Securities, serviranno almeno tre o quattro mesi.
Dal taglio dei tassi nessuno si aspetta effetti sull’economia reale, per questo l’attenzione per una ripresa del ciclo economico si concentra sulle altre misure annunciate dalla Bce. «Se ragioniamo del fatto che siamo in una nuova era in cui la leva dei tassi si è esaurita, la Bce sta facendo tutto il possibile per rivitalizzare economia», dice Francesco Salvatori di Unicredit. «Hanno comunicato decisioni che vanno tutte nella stessa direzione in modo molto energico – aggiunge – più di così non si può fare».
In realtà però per valutare gli effetti sull’economia reale delle mosse di Francoforte occorre partire un po’ più da lontano. «Dalla vecchia storia dell’acqua che manca o il cavallo che non vuole bere», riassume con una battuta Alberto Franzone, managing director di Alvarez & Marsal Italia. «Negli ultimi anni come ci ricordiamo tutti c’è stato un gran dibattito sul credit crunch». Da un lato le imprese sostenevano che non c’era credito, dall’altro le banche ribattevano che non c’era domanda di prestiti. «In realtà avevano ragione entrambi», dice Franzone. «Era corretto dire che la domanda di credito per lo sviluppo era diminuito ed era acclarato che l’ammontare di prestiti a famiglie e imprese era negativo». Meno 4,2%, dice bankitalia nell’ultimo bollettino.
«Quindi il credit crunch c’era, da maggio 2012 prestiti sono in picchiata». È sufficiente che arrivino 50, forse 100 miliardi alle banche italiane perché questi affluiscano nell’economia reale? «Ipotizziamo che possano essere 100 miliardi. Il totale dei crediti verso la clientela delle banche italiane sono circa 2000 miliardi. I 100 miliardi sarebbero il 5%. Se guardiamo però al flusso del 2014, che è stato negativo, è un’enormità». Il problema però non è questo, quanto allineare il prezzo del credito con le condizioni del mercato evitando gli eccessi del passato. Prima della crisi le imprese ne approfittavano prendendo denaro a basso costo da banche che facevano pagare quel prestito a tassi troppo bassi. Il risultato, sostiene Franzone, «è che le banche si sono prese 300 miliardi di sofferenze e le imprese hanno visto sparire il credito». Una «scomparsa» avvenuta in modo indistinto, indipendentemente dall’affidabilità dell’impresa. Nel frattempo sono sorti canali alternativi di finanziamento, come i minibond per le Pmi. «Pensi che negli ultimi anni 60 miliardi di operazioni sul mercato dei capitali sono serviti per ripagare prestiti bancari». C’è dunque il rischio di un ritorno al credito facile? «Mi pare un rischio remoto. Ma potrebbe uccidere sul nascere i canali alternativi di finanziamento su aziende sane e di far scappare chi s’impegna in ristrutturazioni di aziende in difficoltà».
Fonte: La Stampa
Sito: www.lastampa.it
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