Il 19 aprile è passato alla Camera il cosiddetto Decreto Mutui, che definisce le regole e le azioni che possono intraprendere le banche in fasi di erogazione di nuovi finanziamenti per l’acquisto della prima casa. Ha scatenato qualche polemica, ma forse si rivelerà uno strumento alla lunga vantaggioso sia per i privati cittadini che per le banche.
Cosa prevede la nuova normativa.
Il Decreto Mutui prevede una serie di regole per intervenire nei casi di inadempienza da parte del mutuatario e le azioni che possono intraprendere le banche. La novità più importante introdotta da questa normativa è che le banche non devono più necessariamente ricorrere all’azione giudiziaria, ma possono direttamente mettere in vendita l’immobile nel caso si verifichi l’insolvenza da parte dell’acquirente che ha contratto il mutuo. La banca ha diritto di intervenire dopo 18 rate non pagate, anche non consecutive, mentre prima le azioni giudiziarie scattavano alla settima rata: anche se spesso le banche procedevano prima del termine di queste 7 rate, il debitore comunque poteva godere del fattore “tempo” perché le procedure per vie legali richiedevano diversi anni, oltre ad essere onerose per chi le intraprendesse, tanto che spesso la rivendita dell’immobile riusciva a malapena a ripagare tali spese.
Si rivela dunque vantaggioso per le banche passare da 7 a 18 rate prima di procedere con le azioni per rientrare nel capitale versato: passare per vie legali significava sicuramente mettere all’asta l’immobile espropriato. In questo modo, non solo l’immobile risultava svalutato, rispetto al suo normale prezzo di mercato, ma potevano passare da 3 fino a 7 anni prima di poter rivendere l’immobile e rientrare nel capitale. In questo modo il recupero degli insoluti si rivelava un processo lungo, con conseguente mancanza di liquidità da parte delle banche, e difficoltà ad erogare altri finanziamenti, senza contare l’innalzamento del costo dei mutui stessi (in Italia già superiori alla media dell’Eurozona). Alla luce della nuova normativa invece, si alza sì il limite di 11 rate, ma la procedura complessiva risulta notevolmente snellita, senza costi aggiuntivi per l’azione legale. Inoltre l’immobile verrà valutato da periti esterni e potrà quindi essere piazzato sul mercato a prezzi in linea con gli standard.
Non è tutto. Alla luce della normativa precedente, il mutuatario non solo perdeva l’immobile, ma doveva anche saldare il debito contratto con la banca, se la vendita all’asta non andava a coprire interamente il debito residuo. Invece con la nuova legge se l’immobile viene venduto a un prezzo inferiore tale da non coprire il debito residuo, questo viene comunque inteso come saldato interamente, invece se il prezzo è superiore a quello necessario per coprire il debito, sarà obbligo della banca erogare il surplus al debitore. È facile intuire che, dato che non si opera più per mezzo di aste giudiziarie, il prezzo di vendita degli immobili facilmente genererà un utile da distribuire all’ex mutuatario. Inoltre, dal punto di vista delle banche, se 18 rate sembrano troppe, più del doppio del limite precedente, va fatto notare però un’eventuale procedura di recupero si accorcia decisamente, rendendo la ricapitalizzazione molto più fattibile che in precedenza. Conseguenza saranno mutui a prezzi più vantaggiosi e un miglioramento del “rating medio del mutuatario italiano”.
A.T. per Kreos Srl