Da un’indagine di DAS Italia emerge come, nel panorama d’impresa italiano, il recupero crediti sia diventato fondamentale. Si è notato infatti che il 70% delle piccole e medie imprese ha problemi con il recupero di crediti e fatture insolute. La percentuale sale addirittura a 84% per le aziende di grandi dimensioni, l’87,6% delle aziende del settore commercio e l’81% nel Sud Italia.
Quando un’impresa si trova titolare di un credito da riscuotere, avvia la fase di sollecito del credito affidandosi al proprio legale interno. Se tale sollecito fallisce, oppure se l’impresa non dispone di assistenza legale interna, ci si affida a una società di recupero crediti. L’appoggio e l’aiuto che di una società di recupero crediti sarà tentare una risoluzione bonaria prima di intraprendere la via giudiziaria.
Il recupero crediti dunque si coordina in una prima fase stragiudiziale, e in una seconda fase giudiziale.
Fase stragiudiziale
In questa fase si tenta di trovare un punto d’incontro con il debitore, in modo da concordare un piano di rientro. La comunicazione con il debitore avviene per mezzo di solleciti telefonici, via e-mail, o per contatto diretto con funzionari.
Il sollecito epistolare: il legale prepara una lettera in cui si avverte il debitore della sua situazione e si spiega che si procederà con interventi successivi. Il debitore a questo punto ha 15 giorni di tempo dal ricevimento della lettera per pagare o opporsi alla richiesta di pagamento. A una prima missiva può seguire una seconda, che parla di “intimazione al pagamento”: in questo ultimo caso la tempistica per il pagamento scende a 7 giorni.
Il sollecito telefonico o via fax/e-mail: operatori telefonici si mettono in contatto con i debitori in modo da discutere della situazione e concordare un piano di rientro, anche in forma rateale.
Esazione diretta: gli agenti di tutela del credito si presentano al debitore e tentano un ulteriore accordo per il rientro del credito. Questa fase è importante anche per valutare le intenzioni e l’atteggiamento del debitore.
Messa in mora: è l’ultimo avvertimento per il debitore, al quale si chiede di pagare la somma dovuta entro un limite temporale piuttosto breve, al termine del quale, in caso di mancato pagamento, sarà possibile avviare l’azione giudiziaria, con l’addebito dei costi per i maggiori oneri connessi.
Nel momento in cui debitore e società di recupero crediti raggiungano un accordo, la società tutela il creditore garantendo il rispetto degli accordi stipulati.
Fase giudiziale
Se invece la risoluzione bonaria non funziona, allora si può valutare la situazione economico/patrimoniale del debitore per decidere per l’azione legale. Senza beni pignorabili non è conveniente avviare l’azione giudiziaria, perché si tratterebbe solo di un ulteriore onere a carico del debitore. Per crediti di importi elevati potrebbe essere il caso per portare in detrazione i crediti insoluti.
L’obiettivo principale della fase giudiziale è ottenere un titolo esecutivo, grazie al quale sarà possibile avviare l’esecuzione forzata sui beni del debitore.
L’azione legale dunque viene intrapresa dopo la verifica del buon esito del recupero coattivo del credito, in seguito agli accertamenti volti a vedere se c’è un capitale sufficiente a coprire il credito insoluto.
Strumenti del creditore
Ricorso per ingiunzione: se il creditore è in possesso di prove che attestino il suo diritto, può in tempi brevi ottenere un titolo esecutivo. Per avviare il procedimento c’è bisogno di documenti che attestino che il credito sia certo, ad esempio fatture o bolle, che sia liquido, ovvero certo nel suo ammontare, e che sia esigibile, cioè non sottoposto a termine o condizione. Con i titoli esecutivi il creditore può agire subito per ottenere l’esecuzione forzata sui beni del debitore.
Atto di precetto: il debitore deve onorare il debito entro un termine stabilito non inferiore ai 10 giorni, al termine il creditore può esigere dall’ufficiale giudiziario il pignoramento dei beni del debitore per estinguere il debito.
Pignoramento dei beni: ha la funzione di vincolare i beni da assoggettare all’esecuzione forzata e consiste in una ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto per sottrarre alla garanzia del credito i beni dell’espropriazione e i frutti di essi. Ha inizio la fase di conversione dei sui beni in denaro per saldare il debito.
Sequestro conservativo: è una misura cautelare per garantire il credito quando c’è il pericolo o il timore di perdere la garanzia dello stesso. Ad esempio nel caso in cui si tema che il debitore possa nascondere beni oggetto di pignoramento. Ancora prima di iniziare l’azione legale di recupero crediti è possibile vincolare giuridicamente i beni pignorabili del debitore. E poi convertire il sequestro conservativo in pignoramento. Per concedere il sequestro conservativo servono come presupposti: la ragionevole apparenza del diritto, ovvero l’esistenza del credito, e il pericolo o il timore fondato di perdere la garanzia del credito.
Fallimento: è possibile attivare la procedura di fallimento se il debitore è un imprenditore commerciale. Si liquidano le attività presenti per realizzare coattivamente ed in modo paritario i diritti di tutti i creditori. Possono ricorrere al fallimento piccoli imprenditori, imprenditori agricoli, enti pubblici e grandi aziende in crisi. Lo stato di insolvenza significa che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le obbligazioni e può essere provato. Il debitore non riesce a dimostrare la sua capacità di rimborso anche con un piano di rientro.
Con il fallimento il debitore viene privato dei proprio beni con qualche eccezione e il curatore fallimentare redige l’inventario e provvede alla sua liquidazione.
A.T per Medika
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